Fabio, 34 anni
Gennaio 1999
Chiede un consulto per risolvere alcuni lievi disturbi fisici e chiede se il lavoro corporeo svolto può essere d’aiuto per la sua ansia che lo accompagna da qualche anno.
E’ un ragazzo brillante, sorridente, amante della vita e di sua figlioletta di 4 anni.
Alla visita risulta fisicamente in forma a parte qualche disturbo di lieve entità alla schiena. Tra le varie cose lamenta una certa difficoltà nella digestione e a volte un senso di pressione a livello dello stomaco, a volte bruciori. Il suo medico curante gli ha detto che dipende dalla sua ansia e che quindi non ha molte soluzioni, deve solo imparare a stare più quieto.
Durante il secondo trattamento utilizzo delle tecniche con contatto molto lieve; solitamente inducono un profondo rilassamento e a volte l’affiorare di ricordi o sensazioni, anche molto vecchi.
La mano destra è appoggiata sul plesso solare, la mano sinistra sulla testa, il contatto è minimo, cerco di rendermi il più neutro possibile nel mio animo. Dopo un minuto o poco più chiedo a Fabio che sensazione ha e mi risponde di sentire un peso, un dolore forte a livello dello stomaco. Inizia così un dialogo terapeutico tra me e lui.
Quanto profondo è questo dolore? Tantissimo, è proprio dentro.
Che forma ha questo dolore? E’ come una lama che mi trafigge.
Quanto è grande questa lama? E’ un pugnale.
Chi ce l’ha messo questo pugnale?………….Sospirone…………pausa, sospirone, dopo qualche secondo piangendo e ranicchiandosi in posizione fetale urla dicendo che ce lo ha messo suo padre quando aveva 21 anni. Ovviamente è metaforico, si sentì ferito da suo padre in una discussione con sua sorella per questioni famigliari
Lo invito a respirare profondamente; lasciare andare il respiro in certe situazioni libera il corpo dalle memorie traumatiche, si assiste ad una sorta di snodamento continuo, come se dei lacci o dei nodi si sciogliessero ed il corpo inizia a scattare a divincolarsi. I tessuti, il sistema fasciale riattivano sensazioni congelate, i fluidi corporei rivivificano strade ormai chiuse da tempo. Da un certo punto di vista è una piccola rivoluzione interna, ci si trova in una doppia attenzione, si è presenti ma allo stesso tempo ci si trova a livello di sensazioni al momento del trauma.
Dopo mezz’ora di respiri, di pianto, di rabbia e rancore che il corpo ha liberato, si finisce con una risata che sdrammatizza una situazione per lui un po’ imbarazzante. Si ritorna al “presente”.
Dopo tre settimane rivedo Fabio, di solito si lascia un tempo di sedimentazione, quanto smosso deve essere elaborato, a livello fisico. Arrivando mi abbraccia forte forte e mi ringrazia in modo davvero genuino; mi racconta che dopo tanti anni è andato da suo padre e gli ha chiesto di uscire a fare una passeggiata con lui, cosa insolita tra loro. Era felicissimo: “ho conosciuto un nuovo mio padre, gli voglio un bene pazzesco, a volte non vedo l’ora di andarlo a prendere per stare con lui, mi sento arricchito ed anche il rapporto con mia figlia è più intenso e pensavo lo fosse già tantissimo”.
La gratitudine nei miei confronti che mi arriva dai suoi occhi e dalle sue parole mi riempie di una forza incredibile ed allo stesso tempo mi sento una nullità di fronte alla grandezza e alla complessità dell’uomo. Conosciamo tante cose ma in realtà guardiamo sempre da un buco di serratura. Davvero basta appoggiare una mano in modo consapevole per liberare il karma delle persone? Anni di studio, di tecniche, di anatomia etc per arrivare al semplice tocco neutro, chiave per tutti i dolori.
Il trattamento successivo è stata una chiacchierata tra amici, la sua carica e la sua energia era traboccante, di certo non aveva bisogno di nessuna ulteriore terapia al momento.